Centenario Parrocchiale - Santuario - Arte e architettura

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Centenario di fondazione della parrocchia di San Pietro - Il Santuario


Il Santuario di San Pietro Martire, la veneranda fabbrica e le vicende architettoniche

liberamente tratto da: “Il Santuario di San Pietro Martire a Seveso: dalla fondazione alle soppressioni Napoleoniche”, tesi di laurea di Michela Allievi, a.a. 1997/1998

Già nell’ottobre 1252, solo sei mesi dopo l’uccisione di Fra Pietro da Verona, sul luogo esatto del martirio, ai margini della strada Canturina tra i borghi di Meda e Farga, fu edificato ad opera dell’Ordine religioso degli Umiliati una Domus di accoglienza per viandanti. La prima chiesa dedicata a San Pietro Martire risale invece ad un anno più tardi, al 1253, quando il frate domenicano fu elevato agli onori dell’Altare e proclamato Santo.
Alcuni istrumenti di vendita e atti di donazione datati tra il 1252 e il 1314 ci dicono che il complesso doveva essere costituito da una chiesa e da un ospizio dove risiedevano i religiosi e trovavano alloggio i pellegrini. La presenza di Suore Umiliate nel convento lascia ipotizzare che l’ospizio fosse composto di due chiostri, uno femminile e uno maschile, secondo la regola dell’Ordine. Gli edifici dovevano essere di piccole dimensioni, poveri e disadorni, costruiti con materiali propri della zona e facilmente recuperabili: pietre e legno. 

Non essendo essa …(la comunità)… neppure in grado di provvedere al materiale necessario per la manutenzione del convento e della chiesa, il 26 febbraio 1262 tal Gaspare de Birago fece dono ai Frati di San Pietro di una consistente somma di denaro oltre a pietre e legname necessari per terminare la costruzione dell’ospizio che doveva trovarsi in pessime condizioni.

Con l’arrivo dei Domenicani, nel 1371, si aprì una nuova fase per la Domus di San Pietro, determinata dal fatto che la presenza di un differente ordine religioso, con finalità e norme comportamentali diverse, implicava anche la trasformazione dell’ospizio in un vero e roprio convento con le relative modifiche strutturali necessarie. Pur rispettando e inglobando nel nuovo progetto i fabbricati esistenti, l’intero complesso doveva modificarsi radicalmente con la costruzione di nuovi edifici annessi a quelli vecchi. In data 11 giugno 1373, Papa Gregorio XI, Sommo Pontefice, concedeva al Padre Provinciale e ai Padri dell’Ordine dei Frati Predicatori della Provincia di Lombardia Superiore la licenza di poter costruire e fondare ad onore di San Pietro Martire una Chiesa con Oratorio, Campanile, Cappella, Cimitero, Case destinate all’alloggio dei religiosi ed altri edifici di servizio.Fu necessario … assicurarsi la proprietà o l’affitto dei terreni limitrofi per poter procedere nella costruzione. Uno di questi terreni apparteneva al Monastero di San Vittore di Meda a cui i Frati di San Pietro pagavano un affitto annuo di 2 moggia di mistura di segale e miglio. Ma la nuova costruzione non riusciva ancora a soddisfare tutte le esigenze dei religiosi se nel convento non vi era un locale apposito dove poter convocare il capitolo e i religiosi erano di volta in volta costretti a riunirsi in chiesa, sotto il portico, in refettorio oppure nella cella del Padre Priore. La situazione rimase tale sino al XVII secolo. 

Il primo disegno del convento di San Pietro è una pianta della chiesa conservato nel X volume della sezione “Atti della Pieve di Seveso”, insieme ai documenti di due visite pastorali compiute da delegati arcivescovili nella Pieve: quella di Antonio Seneca nel 1591 e quella di Baldassarre Cipolla nell’agosto 1597. Il disegno sembra dunque rappresentare lo stato di fatto della chiesa sul finire del XVI secolo, che nelle proporzioni dovette rimanere immutata fino al 1660 circa.

Importanti informazioni relative alla decorazione e all’arredo della chiesa si traggono da alcuni testamenti di comuni cittadini di Seveso e dei vicini borghi che disponevano lasciti a favore del convento.
Null’altro è dato di sapere ma ciò è già sufficiente per poter arrivare ad affermare che la chiesa era decorata con immagini dipinte della Madonna e dei Santi e che committenti di tali opere pittoriche non furono i Domenicani ma singoli fedeli devoti a San Pietro e al suo convento.

Il convento e la chiesa non subirono sostanziali modifiche sino al XVII secolo quando, per volere del Conte Giulio Arese e dell’omonima Opera Pia, da lui istituita a beneficio dei Domenicani di San Pietro, furono rasi al suolo i vecchi fabbricati e si cominciò a costruire una nuova chiesa e un nuovo convento.
I lavori per la costruzione della nuova Chiesa e dell’annesso Convento, voluti dal Conte Giulio Arese, iniziarono solo nel 1662 ad opera del figlio, Conte Bartolomeo Arese, con l’Opera Pia.

Capitolati d’appalto, Relazioni, Verbali di capitoli, Perizie tecniche, stati di avanzamento dei lavori, ricevute di pagamenti permettono oggi di affermare che non si trattò di un semplice incarico affidato ad un unico architetto come si è sempre ritenuto … (riferimenti all’incarico all’Ingegner Gerolamo Quadrio)
Due note spesa datate 19 e 24 marzo 1637 consentono di affermare che il primo incarico di progettazione fu affidato dagli amministratori dell’Opera Pia al “S.r Giulio Mangone Ingegnere per far il disegno della fabrica che si deve fare nella Chiesa, et Mon.o di d.o S.t Pietro Martire conforme l’istituzione del q.o Ill.mo S.r Presidente del Senato Giulio Aresi”.

Il silenzio dei documenti poi si protrae sino al giugno 1658. Sono gli anni in cui il Conte Bartolomeo Arese, ormai all’apice della sua carriera, comincia ad interessarsi personalmente dei beni di famiglia con particolare attenzione per le proprietà ricevute in eredità nella Pieve di Seveso.

A cominciare dal suo Palazzo di Cesano Maderno iniziato nel 1654. “…Tutta la sua cura era di far avanzare detta sua fabbrica di Cesano” tanto da scegliere personalmente “i materiali più belli nel Ducato”. L’entusiasmo e l’impegno posti in tale opera, i risultati ottenuti e la vicinanza a Seveso suscitarono probabilmente desiderio di farsi committente di altrettanta bellezza anche per il convento e la chiesa di San Pietro, dando così finalmente attuazione alle volontà paterne. L’interessamento personale del Conte Bartolomeo Arese deve probabilmente essere il motivo del nuovo incarico professionale affidato questa volta all’Ingegnere Carlo Buzzi, per la progettazione della Chiesa e dell’intero complesso conventuale. E’ infatti datato 1658 il bando di appalto per la “FABBRICA da farsi della Chiesa, & Monastero di S. Pietro Martire di Barlasina”. Capitolato dell’Ingegnere Carlo Buzzi che nella primavera del 1658 era già stato approvato sia dal Conte Bartolomeo che dal consiglio d’amministrazione dell’Opera Pia.

I lavori furono interrotti, per lo meno per ciò che riguarda la demolizione dei vecchi edifici, a causa della improvvisa scomparsa dello stesso Buzzi avvenuta il 23 settembre 1658. La costruzione continuò dunque sui medesimi disegni sino al 1660 quando subentrò nella direzione della Fabbrica l’architetto Francesco Castelli che, tenendo probabilmente conto dei lavori già eseguiti, riprogettò l’intero complesso proponendo una chiesa a struttura basilicale con sei cappelle oltre alla cappella maggiore, fondate su sei pilastri. A proposito di questo primo progetto risulta di fondamentale importanza il Trattato di Geometria Pratica di Francesco Castelli conservato manoscritto presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano e datato tra il 1631 e il 1669.

Nel 1662 i committenti decisero di modificare completamente il progetto affidando allo stesso Castelli il nuovo incarico. Da memoriali datati 1667 è possibile ricostruire il primo progetto del Castelli, ancora fedele all’impostazione del Buzzi: “Che la fabbrica di San Pietro martire fosse piantata con ordine di farci n° 6 cappelle oltre la maggiore e dopo si variasse invenzione, ciò fu disposizione di chi faceva la spesa e s’aspettava gustarsi”. Il mutamento di progetto fu dunque disposto dai committenti ma sicuramente rispondeva anche alle esigenze e alle ambizioni del nuovo architetto.L’architetto rivoluzionò il disegno iniziale ideando una chiesa a pianta centrale a croce greca, con due cappelle nei bracci trasversali, un presbitero assai pronunciato, due campanili e sovrastata nel vano centrale da una cupola ellittica. La chiesa comunicava direttamente per mezzo di un andito con il convento che si sviluppava su due piani attorno a due chiostri porticati comunicanti tra loro, di dimensioni diverse, destinati l’uno alle celle e sale comuni dei religiosi, l’altro ai servizi della corte rustica. I lavori proseguirono sul nuovo progetto sino all’imposta della cupola allorché nel 1664 un grave incidente interruppe i lavori.

Lo studio dei documenti inediti rinvenuti presso l’archivio privato dalla famiglia Borromeo e il confronto dei disegni attribuiti al Castelli con le piante del convento di Seveso eseguite dall’architetto Giuseppe Pollack nel 1817, consentono di individuare alcune importanti corrispondenze che spingono a supporre l’identificazione dei citati disegni con il primo progetto mai realizzato, ideato da Castelli per la Chiesa e il Convento di San Pietro.

 

L'incidente di cantiere

Alcuni periti giunti sul cantiere, trovarono una situazione allarmante che faceva presagire la completa rovina della fabbrica stessa a causa del cedimento strutturale dei pilastri portanti. Gli ingegneri incaricati della perizia furono Gerolamo Quadrio, Giovanni Ambrogio Pessina e il Richini i quali, a conclusione delle loro indagini, individuarono precise responsabilità sia del Castelli che dei costruttori. 

Gerolamo Quadrio fu immediatamente incaricato di provvedere ai necessari ripari, consistenti essenzialmente nel rinforzo dei pilastri stessi e consolidamento delle strutture, a cui l’architetto attese già dal 1665. Nel 1667 … l’incarico fu affidato proprio a Gerolamo Quadrio il quale non portò alcuna sostanziale modifica al progetto del suo predecessore.

A Gerolamo Quadrio, prima, e al figlio Giovanni Battista poi, … spetta essenzialmente il ruolo di direttore dei lavori poiché i loro interventi nella fabbrica di Seveso si limitarono al controllo del cantiere e ad alcuni marginali modifiche del progetto del Castelli consistenti essenzialmente nel cambio di destinazione d’uso di alcuni ambienti e nelle ultime decorazioni interne della chiesa.

Già nel 1667 la chiesa poteva dirsi quasi ultimata nella struttura muraria, avendo ormai raggiunto il tetto, e negli anni Settanta …(del XVII secolo)… era già iniziata la sua decorazione interna ad opera dei maggiori artisti milanesi dell’epoca quali Antonio Busca, Dionigi Bussola, Stefano Montalto, Agostino Santagostino, Giambattista Costa e Giovanni Ghisolfi che lavorarono anche nel Palazzo Borromeo Arese di Cesano Maderno. Nel 1685 Santuario e Convento, ridotti alla total perfezione dall’Ingegner Giovanni Battista Quadrio, furono consegnati ai committenti, la famiglia Arese, e ai Padri Domenicani di San Pietro.

Nel 1798, il santuario fu confiscato dai francesi, che avevano fondato la Repubblica Cisalpina e occupato Milano. Conclusa l’epoca napoleonica, fu l’arcidiocesi di Milano a entrare in possesso del santuario, che nel 1817 fu modificato per mano di Giuseppe Pollack.

L’edificio, in stile barocchetto, presenta una facciata con due ordini architettonici sovrapposti, distinti l’uno dall’altro da una trabeazione aggettante.

Fino all’altezza d’imposta del timpano è stata costruita un’altra torre che, in teoria, avrebbe dovuto essere gemella alla torre campanaria.

Gli assi verticali più laterali della facciata sono lievemente arretrati; quello centrale, invece, è caratterizzato da un timpano curvilineo e da un pronao sostenuto da due pilastri.

Dall’ingresso principale: assemblea dei fedeli, Presbiterio, Altare maggiore, Abside e Coro.

«La predica di San Pietro Martire» (1670) di Agostino Santagostino, a sinistra dell’altare.

«San Pietro Martire difende Firenze dagli eretici» (1670) di Giovanni Battista Costa, a destra dell’altare.

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